martedì 6 marzo 2018

Racconti di Oscar Wilde

Per me Oscar Wilde è un mito, tutto ciò che ha scritto a me entusiasma. 
Questo libro è la raccolta di vari racconti pieni di messaggi morali.





TITOLO: Racconti
AUTORE: Oscar Wilde
EDITORE: Ghisetti e Corvi Editori
PAGINE: 193

PREZZO COPERTINA: Lire 10500

















TRAMA

Raccolta dei più famosi racconti di Oscar Wilde. Questo libro contiene i seguenti racconti:

IL PRINCIPE FELICE

Il "Principe Felice" è una statua posta su una colonna, ricoperta di foglie d'oro e pietre preziose, e pertanto ammirata da tutti gli abitanti di un'innominata città. Una notte una rondine, che si sta recando al sole in Egitto, decide di sostare ai piedi della statua del Principe; lui le racconta la sua storia e le chiede di aiutarlo a cancellare le brutture e le miserie della città che nella sua vita aveva sempre ignorato ma che adesso, dall'alto della colonna, vede fin troppo bene. La rondine preferirebbe il caldo egiziano, ma, vinta dalle lacrime del Principe, acconsente ad aiutarlo e inizia a spogliarlo dei gioielli che lo adornano per donarli ai poveri e ai bisognosi, via via indicatile.
Con l'arrivo della neve il Principe, ormai sguarnito dei suoi ornamenti, altro non è che una statua di piombo, e prega la rondine di migrare verso l'Egitto, ma lei, che sente vicina la morte per il gran freddo sopportato, resta ancora vicino al suo amico, si poggia un'ultima volta sulla sua spalla e cade a terra priva di vita. Un attimo dopo, per il dolore, il cuore del Principe si spezza.
Il mattino seguente, il Sindaco, notando la statua tutta spoglia e grigia, decide di farla fondere e di edificare al suo posto, con lo stesso metallo, una nuova scultura con la propria immagine. E, guardando con sdegno l'uccellino morto per terra, ordina di gettarlo tra i rifiuti. Ma il cuore di piombo del principe non si fonde e viene buttato insieme al corpo della rondine.
Un giorno Dio chiede ad un angelo di portargli le due cose più preziose della città e l'angelo gli reca il cuore di piombo del Principe e il corpicino della rondinella.
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L'USIGNOLO E LA ROSA

Un Usignolo udì un giovane Studente esprimere la propria tristezza. Egli era sofferente poiché nel suo giardino non c'era nemmeno una rosa rossa, grazie alla quale avrebbe potuto ballare con la ragazza di cui era innamorato, come lei stessa gli aveva promesso. Si disperava poiché, sebbene avesse letto tutto ciò che i saggi avevano scritto e ogni segreto della filosofia fosse suo, la sua vita dipendeva da una rosa rossa.
L'Usignolo, colpito da questo sentimento sincero, decise di andare in cerca di una rosa rossa. Così spiegò le ali e spiccò il volo. Dall'alto vide, in un campo erboso, un bellissimo rosaio; gli volò sopra e poi si posò su un piccolo ramoscello, cui chiese la rosa. In cambio gli avrebbe cantato la sua canzone più dolce. Ma il Cespuglio scosse la testa, poiché le sue rose erano bianche. Poi consigliò all'Usignolo di andare da suo fratello che cresceva vicino alla vecchia meridiana, perché probabilmente lui avrebbe potuto dare all'uccellino ciò che voleva.
Così l'Usignolo vi si recò e ripeté la richiesta in cambio della sua canzone più dolce, ma le sue rose erano gialle. Poi consigliò all'Usignolo di andare da suo fratello che cresceva vicino alla finestra del giovane Studente, poiché probabilmente lui gli avrebbe dato ciò che desiderava. Così l'uccellino andò dal terzo Cespuglio e pronunciò le fatidiche parole. Ma anche questo Cespuglio scosse la testa. Disse che, sì, le sue rose erano rosse, ma il rigido inverno non gli aveva lasciato fare neanche una rosa. Quindi l'Usignolo domandò se c'era un modo per il quale avrebbe potuto avere ciò che voleva e il Cespuglio rispose che per ottenere una rosa rossa avrebbe dovuto cantare tutta la notte e squarciarsi il petto, cosicché il sangue che sarebbe uscito avrebbe colorato la rosa.
L'Usignolo, che vedeva il giovane Studente come un vero innamorato, decise di sacrificarsi, perché l'Amore val più della Vita ed è perfetto solo nella Morte. Di conseguenza, prese una spina e mentre si perforava il cuore, cantò. L'uccellino soffrì per tutta la nottata e quando il Cespuglio lo chiamò per dirgli che la rosa era finita era ormai morto. Il mattino seguente, quando si svegliò e aprì il balcone, lo Studente vide nel giardino la rosa rossa. Meravigliato, disse che era la rosa più rossa e bella del mondo e tutto felice andò dal suo amore. Quando fu lì, porse la rosa alla ragazza, ma lei, senza gratitudine, la rifiutò. Aggiunse che aveva appena ricevuto alcuni gioielli favolosi da un altro ragazzo e che tutti sapevano che i gioielli costavano più dei fiori.
Così il giovane Studente gettò via la rosa, che finì nel fango ("fell into the gutter"). Maledì l'Amore e si chiuse nella propria stanza a studiare la Filosofia, in particolare la Logica e la Metafisica, visto che permetteva maggiore successo in un'epoca in cui la praticità è tutto.
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IL GIGANTE EGOISTA

Il Gigante, dopo essere stato dal suo amico, l'Orco di Cornovaglia, per sette anni, tornò al suo castello. Lì trovò molti bambini che giocavano nel suo giardino ed erano felici. Ma il Gigante, infuriato, li scacciò tutti, costruì un muro e pose un cartello con scritto:
Gli intrusi saranno puniti!
Così nessun bambino entrò più in quel giardino. Poi in tutta la città arrivò la primavera; l'unico posto in cui era ancora inverno era il giardino del Gigante: quest'ultimo era molto preoccupato perché il suo giardino era molto brutto, freddo e soffiava un vento terribilmente gelido. Ma un giorno, dal suo letto sentì un uccellino cantare e gli sembrò la canzone più bella che avesse mai udito. Guardò fuori e vide che la primavera era arrivata e con lei erano tornati i bambini.
Così il Gigante si accorse di quanto egoista era stato e, vedendo un bambino che a causa della sua minuta statura non riusciva a salire su di un albero (mentre tutti gli altri c'erano riusciti), si commosse. Quindi si avvicinò al bambino e, sollevandolo da terra, lo pose sull'albero. Il bambino fu davvero felice e per gratitudine baciò il Gigante. Negli anni che seguirono, i bambini tornarono nel giardino, ma il bambino da cui il Gigante era stato baciato (e per questo era il suo preferito) non si fece più vedere. Ogni giorno il Gigante aspettò che tornasse fino a che divenne vecchio. Chiese anche ai bambini dove fosse finito ma tutti gli risposero che non lo conoscevano e che non lo avevano mai visto.
Una mattina d'inverno, attraverso la finestra, il Gigante vide il bambino ai piedi di un albero dai fiori bianchi. Si sentiva felicissimo e corse verso di lui. Quando il Gigante vide che il bambino portava alle mani e ai piedi segni di chiodi; gli domandò chi fosse stato l'autore di una simile crudeltà. Il bambino rispose che quelle erano le ferite dell'Amore e che, poiché una volta il Gigante gli aveva permesso di giocare nel suo giardino, ora lui gli avrebbe permesso di giocare nel suo che era il Paradiso: quel bambino che aveva baciato il Gigante infatti non era altro che Gesù bambino.
Quando i bambini tornarono nel giardino per giocare, trovarono il Gigante disteso per terra, morto, ricoperto di fiori bianchi e con un gran sorriso stampato sulla faccia.
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L'AMICO DEVOTO

Hans era un piccolo uomo povero che aveva un bellissimo giardino nel quale coltivava fiori di ogni genere; si rallegrava di avere un "vero" amico, il mugnaio Hugh, un amico così devoto che non mancava mai di andare a trovare Hans, il quale gentilmente gli dava sempre tanti fiori e gli faceva sempre dei piccoli favori.
Il povero Hans, però, durante l'inverno rimaneva da solo, infatti, poiché il suo giardino non produceva fiori, il suo caro amico non voleva turbarlo e non gli voleva dare neanche una mano perché temeva di guastare questo rapporto di "amicizia". Preferiva rimanere nel caldo del proprio mulino assieme alla moglie e ai figli. La donna pendeva dalle sue labbra nel sentirlo parlare così "altruisticamente", e altrettanto farà sempre il piccolo Hans.
Proprio dopo uno di questi inverni - Hans aveva venduto quasi tutto, non aveva avuto abbastanza soldi per comprarsi da mangiare - il mugnaio si ripresentò alla sua porta di casa e chiese ad Hans cosa avesse fatto. Questi rispose che aveva dovuto vendere tutto, perfino i suoi bottoni d'argento e ora voleva rifarsi vendendo più fiori possibili e ricomprandosi una carriola. Il mugnaio disse che non c'era problema, la carriola gliela poteva dare lui, in cambio di qualche favore e molti fiori; certo, era una carriola rotta da un lato, vecchia e arrugginita, ma era "ovvio" che questa valesse molto di più dei fiori.
Hans, ovviamente, accettò e dal giorno dopo fu sfruttato dal mugnaio che, dicendo di essere un buon amico e di avergli promesso la carriola, lo costringeva a fare i lavori più disparati, sentendosene in diritto. Ogni giorno i bei fiori di Hans appassivano finché, una notte, il mugnaio bussò alla sua porta dicendogli che suo figlio era caduto e si era fatto male e che, a causa della tempesta, non ce la faceva ad andare dal medico. Allora Hans, come al solito costretto dalla tattica dell'"io-ti-ho-promesso-la-carriola" ma felice di avere un così buon amico, si recò dal medico e lo chiamò. Ma la fortuna non era dalla sua parte, così che, sulla strada del ritorno, si perse negli acquitrini e affogò in una buca. Al funerale c'era il suo amico in prima fila, che diceva che non avrebbe più fatto del bene a nessuno, perché a essere buoni ci si rimette sempre.
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IL RAZZO

Durante la festa di nozze del figlio del re, dopo il banchetto, le danze e gli intrattenimenti vari, era previsto uno spettacolo pirotecnico al quale avrebbe preso parte un razzo molto particolare. Nell'attesa di essere sparati, i fuochi artificiali amavano parlare tra di loro. Il razzo eccezionale invece preferiva vantarsi delle sue grandi qualità, e credeva di essere il pezzo forte della serata. Tuttavia, per ostentare le proprie virtù e la propria sensibilità, si mise a piangere davanti agli "esplosivi" compagni. Fu così che il razzo fu il solo a non prendere fuoco, era così umido che non si accese.
Il giorno dopo fu buttato in un laghetto, e qui venne raccolto da due ragazzini che lo scambiarono per un semplicissimo bastone, mentre il razzo continuava a pensare che stessero aspettando l'occasione più solenne per spiegarne tutta la pirotecnica magnificenza. I ragazzi decisero di metterlo al fuoco e, aspettando che la fiamma prendesse vita, si addormentarono. Siccome era ancora molto umido, il razzo non partì subito e ci volle del tempo prima che bruciasse. Quando prese fuoco partì e diede vita ad un incredibile spettacolo pirotecnico, che nessuno riuscì a vedere.
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IL GIOVANE RE

Questa storia narra di un re nato da una principessa e da un artista straniero. Quando era ancora un neonato fu strappato dalle braccia della madre e cresciuto da un capraio fino a che, all'età di 16 anni, fu chiamato alla corte per essere incoronato. Per un breve periodo visse all'interno della corte ammirandone i lussi. Per la sua incoronazione ordinò un vestito tessuto in oro, una corona rivestita di rubini e uno scettro fatto di perle.
La notte prima dell'incoronazione però fece tre sogni che lo sconvolsero: prima sognò di trovarsi in una stanza stretta e buia dove dei popolani, adulti e bambini, tessevano con i telai, mentre delle donne cucivano attorno ad un tavolo; uno degli uomini, che stava tessendo un vestito d'oro, gli raccontò che tutti i poveri, anche se proclamati liberi, erano come schiavi perché dovevano lavorare molte ore al giorno in condizioni deplorevoli; inoltre gli disse che quel vestito era per il giovane re; quindi il ragazzo, esterrefatto, gridò e si risvegliò nel mezzo della notte.
Poi si riaddormentò e sognò di essere su una galea di schiavi e vide gettare uno di questi in acqua. Poco dopo costui ritornò su con una perla che consegnò al capitano e ripeté l'operazione più volte finché il capitano decise che le perle bastavano. Lo schiavo, però, morì per il troppo tempo trascorso sott'acqua, e fu subito gettato in mare. Il ragazzo urlò spaventato, perché aveva sentito dire dal capitano che quelle perle servivano per lo scettro del giovane re, e si risvegliò ancora.
Sognò per la terza volta: camminava in uno strano bosco finché arrivò presso il letto di un fiume prosciugato, dove molti uomini scavavano delle buche in cerca di rubini. Da una caverna poco lontana la Morte e l'Avarizia osservavano la scena. La Morte chiese allora all'Avarizia di darle un chicco di frumento, ma, al suo rifiuto, diffuse prima la malaria, poi la febbre e infine la peste, uccidendo così tutti gli operai. Allora il ragazzo, piangendo, chiese cosa cercassero quegli uomini, e un tale alle sue spalle spiegò che i rubini servivano per la corona del giovane re. Il giovane allora gridò e si svegliò di nuovo.
Era ormai mattina inoltrata. Estremamente turbato, il giovane decise che per la sua incoronazione non avrebbe indossato le vesti e i gioielli di lusso, ma il mantello fatto di pelle di pecora che aveva avuto bambino nella foresta, e il bastone da contadino, mentre ricavò la corona con un ramoscello di rovo. I nobili gli chiesero subito di cambiarsi e di vestirsi da vero re, perché disonorava il loro rango, ma non li ascoltò. Quando scese in strada, la gente gli diedero del pazzo. Ma il giovane era deciso e continuò fino alla cattedrale. Qui il vescovo rifiutò di incoronarlo. Il giovane, affranto, si inginocchiò davanti all'immagine di Cristo.
I nobili, infuriati, penetrarono nel luogo sacro per ucciderlo, ma d'improvviso dei raggi di luce entrarono dalla finestra della chiesa e colpirono il giovane: il mantello di pelle di pecora divenne un bellissimo vestito, sul bastone spuntarono dei bianchissimi gigli e sul ramoscello di rovo che aveva per corona fiorirono delle bellissime rose. Il tabernacolo dell'altare si aprì e inondò la chiesa di una luce vivissima. Così tutti si inchinarono al nuovo re e il vescovo disse che era stato incoronato da Dio
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IL FIGLIO DELLE STELLE

Il figlio delle stelle è un bimbo, ritrovato nel bosco un giorno d'inverno da due taglialegna, che cresce tanto bello quanto crudele, disprezzando tutto e tutti. Solo quando, dopo l'ultima azione malvagia, un incantesimo renderà ripugnante il suo aspetto, capirà la sua colpa e inizierà a espiarla.
Un giovane pescatore si innamora di un'anziana sirena che ha pescato. Si vogliono sposare ma vi sono dei limiti a tale unione che il ragazzo cerca di superare e per farlo deve rinunciare alla sua anima, cosa che grazie all'aiuto di una strega riesce a fare. L'anima una volta separata cerca in tutti i modi di tornare con il corpo e dopo tre anni, con l'inganno ci riesce. Al che l'uomo non riesce più a vedere la sua amata sino a quando la vede galleggiare senza vita.
La storia narra di un Usignolo che dal suo nido udì un giovane Studente esprimere la propria tristezza. Egli era sofferente poiché nel suo giardino non c'era nemmeno una rosa rossa, grazie alla quale avrebbe potuto ballare con la sua innamorata, come lei stessa aveva detto. Si disperava poiché, sebbene avesse letto tutto ciò che i saggi avevano scritto e ogni segreto della filosofia fosse suo, la sua vita dipendeva da una rosa rossa. L'Usignolo, colpito dall'amore provato dallo Studente, decise di andare in cerca di una rosa rossa. Così spiegò le ali e spiccò il volo. Dall'alto vide, in un campo erboso, un bellissimo Cespuglio di rose; gli volò sopra e poi si posò su un piccolo ramoscello. Quindi gli chiese di dargli una rosa rossa e in cambio gli avrebbe cantato la sua canzone più dolce. Ma il Cespuglio scosse la testa, poiché le sue rose erano bianche. Poi consigliò all'Usignolo di andare da suo fratello che cresceva vicino alla vecchia meridiana, perché probabilmente lui avrebbe potuto dare all'uccellino ciò che voleva. Così l'Usignolo andò dal secondo Cespuglio e gli domandò una rosa rossa in cambio della sua canzone più dolce. Ma il Cespuglio scosse la testa, poiché le sue rose erano gialle. Poi consigliò all'Usignolo di andare da suo fratello che cresceva vicino alla finestra del giovane Studente, poiché probabilmente lui gli avrebbe dato ciò che desiderava. Così l'uccellino andò dal terzo Cespuglio è pronunciò le fatidiche parole. Ma anche questo Cespuglio scosse la testa. Disse che, sì, le sue rose erano rosse , ma il rigido inverno non gli aveva lasciato fare neanche una rosa. Quindi l'Usignolo domandò se c'era un modo per il quale avrebbe potuto avere ciò che voleva e il Cespuglio rispose che per ottenere una rosa rossa avrebbe dovuto cantare tutta la notte e squarciarsi il petto, cosicché il sangue che sarebbe uscito avrebbe colorato la rosa. L'Usignolo, che vedeva il giovane Studente come un vero innamorato, decise di sacrificarsi. Di conseguenza, prese una spina e mentre si perforava il cuore, cantò. L'uccellino soffrì per tutta la nottata e quando il Cespuglio lo chiamò per dirgli che la rosa era finita, non diede nessuna risposta perché oramai era morto. Il mattino seguente , quando si svegliò e aprì il balcone, lo Studente trovò sulla finestra la rosa rossa. Appena la vide disse che era la rosa più rossa e bella di tutto il mondo e tutto felice andò dal suo amore. Quando fu lì, porse la rosa alla ragazza, ma lei, senza gratitudine, la gettò via. Aggiunse che aveva appena ricevuto alcuni gioielli favolosi da un altro ragazzo e che tutti sapevano che i gioielli costavano più dei fiori. Così il giovane Studente si arrabbiò e tornò a casa. Là poté tirare fuori un libro impolverato di metafisica, che si mise a leggere.
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Il delitto di Lord Arthur Savile

Il racconto narra di Savile a cui, in seguito ad un ricevimento offerto da Lady Windermere dove ad alcuni ospiti viene letto il futuro, un chiromante predice una minaccia imminente: egli stesso sarà l'artefice di un omicidio.
Lord Arthur, prossimo alle nozze, crede fermamente nella predizione del chiromante e per evitare di coinvolgere la futura moglie nelle conseguenze del delitto, decide di posticipare il matrimonio e procedere speditamente alla sua realizzazione. Stila quindi una lista di amici e parenti ed individua la vittima predestinata in una sua zia, Lady Clementina - una cara signora con la quale ha sempre avuto un rapporto ottimo. Non intende infatti né «soddisfare un risentimento o un'antipatia personale», né trarre dal delitto «alcun volgare vantaggio economico».
Si rivolge quindi ad un farmacista, cui chiede una forte dose di veleno con la scusa di dover sopprimere un grosso mastino senza che soffra. Porta quindi la pasticca, confezionata in una graziosa bomboniera all'anziana signora e la invita a prendere il medicinale dopo uno dei suoi frequenti episodi di mal di stomaco. Fatto ciò, lascia l'Inghilterra per trascorre qualche giorno a Venezia, in attesa dell'evento. Raggiunto dalla notizia che Lady Clementina è morta, ritorna rapidamente a Londra e fissa la data delle nozze, ma, avendo ricevuto molti effetti personali della Lady in eredità, si reca nella sua abitazione dove trova fortuitamente la pasticca ancora intatta.
Lady Clementina è deceduta quindi di morte naturale e Lord Arthur deve trovare una nuova vittima. Decide quindi di uccidere un suo zio, decano di Chichester. Si rivolge quindi ad un dinamitardo perché gli confezioni un orologio esplosivo che invia anonimamente in dono allo zio. Il dispositivo però fa cilecca e procura un divertimento generale nella famiglia del curato con le sue ripetute esplosioni di scarsa entità.
Amareggiato, una notte Lord Arthur vaga per Londra quando incontra il chiromante sulle rive del Tamigi e, colto da improvvisa illuminazione, lo getta nel fiume, dove l'uomo annega. Adempiuto quindi al compito che il fato gli avrebbe riservato, Lord Arthur è libero di sposarsi e proseguire serenamente con la propria vita.
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IL FANTASMA DI CANTERVILLE

Il racconto è ambientato in Inghilterra, alla fine dell'Ottocento. Hiram Otis è l'ambasciatore degli Stati Uniti d'America che, seguendo la moda dell'epoca, acquista un castello inglese, vicino alla cittadina di Ascot, Berkshire. La famiglia Otis è composta oltre che da Hiram, dalla moglie Lucrezia, ex beltà della crème americana, dal figlio maggiore Washington, da Virginia, timida quindicenne e dai due terribili e disobbedienti gemelli chiamati Stars e Stripes.
Il castello acquistato dagli Otis è infestato dal fantasma di Sir Simon, scorbutico nobiluomo del tardo Cinquecento, costretto a passare l'eternità tra le mura del castello finché un'antica profezia non verrà compiuta. Questa profezia riguarda una giovane dall'animo puro che dovrà versare lacrime per un peccatore. Subito si crea tra gli Otis e il fantasma una sorta di ostilità fatta di scherzi e trucchi più o meno macabri. Uno dei motivi del contendere è la macchia di sangue sul tappeto del salone. Questa macchia è il ricordo di dove cadde la sposa di Sir Simon, Lady Eleanor, uccisa dal marito in un momento di collera perché incapace di attendere alle faccende domestiche. Washington è un fautore del super smacchiatore Pinkerton, e con questo si adopera per detergere la macchia. A nulla valgono gli avvertimenti della governante, Mrs. Umney: la macchia viene puntualmente ritrovata. Mentre la famiglia stabilisce legami di buon vicinato con i nobili locali, Virginia passa molto tempo tra le mura del castello, in compagnia della governante. È l'unica cui sembra importare realmente della sorte di Sir Simon e anche l'unica che veda in lui del buono. Trascorre diverso tempo e il castello subisce modifiche sostanziali: perde quel suo stato di lugubre residenza inglese e diventa una casa di campagna americana, con tendine e enciclopedie colorate. Il fantasma, da tempo vittima degli scherzi dei terribili gemelli, si fa vedere solo una sera alla settimana, cercando di sfuggire alle angherie dei familiari di Virginia. Virginia si è fidanzata con un nobile del vicinato, il giovane Lord Cecil. Una sera incontra il fantasma e gli parla. Da qui nasce un rapporto compassionevole col fantasma che porterà la giovane a versare lacrime per l'anima tormentata del fantasma e a compiere l'antica profezia.
Dopo che i suoi familiari (e il giovane duca) l'hanno cercata per ore, la fanciulla ricompare improvvisamente. Virginia conduce i suoi alla camera segreta dove trovano lo scheletro incatenato di Sir Simon. Quattro giorni dopo, Sir Simon viene sepolto con una solenne cerimonia celebrata dal Rev. Augustus Dampier, alla presenza dei Canterville, degli Otis e di Mrs. Umney.
Il racconto invece si sposta più avanti e ritroviamo Virginia ormai adulta. Il marito, Lord Cecil, le chiede di raccontare ciò che ha visto nell'aldilà, ma ella gli nega questa curiosità dicendo che è per il bene del defunto, lasciandoci con il dubbio del mistero.
Il testo del racconto differisce nelle versioni teatrali che ne sono scaturite. In una versione teatrale Virginia (che somiglia alla defunta moglie di Sir Simon) torna dal mondo dei morti, dopo aver "salvato l'anima" del fantasma e si ricongiunge con la sua famiglia. Quindi compare il promesso sposo, Lord Cecil, che è il medesimo attore del fantasma, quasi a voler stabilire un rapporto ultraterreno tra le due anime.

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